È in ristampa il Libro di Giacinto Peluso, curato e pubblicato da Fondazione Michelagnoli. Per saperne di più è disponibile una recensione nella sezione Editoria del sito.
Dal libro, ristampato in occasione della Giornata europea del Mare per recuperare la memoria collettiva di come il nostro mare fosse ricco di tante specie diverse, prende spunto il WEBINAR della Fondazione Michelagnoli mirato a sensibilizzare alla salvaguardia della biodiversità del nostro mare.
Chi vuole può già da adesso prenotarlo, con un piccolo contributo di 15 €.
Pubblichiamo, qui di seguito, un breve estratto:
"… Le cozzarule tarantini di antica tradizione - i Battista, i Vozza, i Mastronuzzi, i D’Andria ed altri ancora - allevavano cozze ed ostriche così squisite da essere preparate in salsa agrodolce o piccante e conservate in contenitori di vetro, di legno, di ceramica in forma di vaso o di barile, detti generalmente “cognotti”, che venivano spediti ovunque grazie all’intraprendenza della ormai scomparsa ditta “Nicola Fago & Figli” (1832-1920), divenuta più tardi “Fago & Roncagli”, anch’essa scomparsa.
Nel periodo del suo massimo splendore, il Gran Caffè “La Sem” riprese, ma con scarso successo, la confezione dei “cognotti” che noi oggi ricordiamo perché non si perda la memoria di un prodotto del nostro mare.
Noi, le cozze, le abbiamo gustate con il latte materno ed oggi, alla veneranda età che il buon Dio ci regala, conserviamo ancora l’abitudine di mangiarle come antipasto e sono rari i giorni - compatibilmente con i periodi di produzione – in cui ne facciamo a meno.
A chi si meraviglia della nostra affermazione, ricordiamo che, ad una certa epoca, i neonati venivano allevati esclusivamente con il latte del seno materno e che solo in casi eccezionali, cioè quando questo era insufficiente o mancava del tutto, si faceva ricorso a’ nutrizze, cioè alla nutrice o balia.
Orbene, in mezzo al popolino dominava la convinzione - maturata con l’esperienza - che il consumo quotidiano di cozze a ’puppetegne favorisse la scesa del latte nelle puerpere ed un po’ per questo, un po’ per questione di bilancio familiare, anche nostra madre ne consumava procurandoci, fra l’altro, una sorta di mitridatismo.
Per chi non lo sapesse - cosa che ci meraviglierebbe moltissimo – le cozze a ’puppetegne si preparano in poco tempo.
Dopo aver accuratamente pulito il guscio usando il coltello per raschiare eventuali escrescenze calcaree ’a vescie, le cozze chiuse si mettono in un tegame con un po’ d’acqua, n’a croce d’olio, uno spicchio d’aglio tagliuzzato, qualche fogliolina di prezzemolo. Il calore moderato del fuoco fa dischiudere lentamente le valve per cui il liquido contenuto nella cozza si mescola con l’acqua, l’olio e gli aromi creando un sughetto delizioso nel quale inzuppare il pane raffermo.
Oltre a questo modo semplice ed economico, le cozze si preparano con la pasta, il riso, le patate al forno, fritte, arracanate.
Con l’imperversare dei libri di cucina anche le umili cozze sono state riscoperte, per cui oggi si hanno cozze alla marinara calde, fredde, alla maionese, alla Villeroy, in salsa piccante. C’è perfino una sfogliata di cozze.
Un po’ snaturate ci sono apparse le cozze ripiene di carne, prosciutto cotto, formaggio, bietole, pepe nero macinato al momento.Nonostante queste leccornie, noi le cozze le preferiamo crude, senza aceto, senza limone."
Per ulteriori informazioni sull'attività editoriale della Fondazione Michelagnoli e sul catalogo sviluppato nel corso degli anni Vi invitiamo a visitare la Sezione Editoria.