Il 27 dicembre 2004 è una data che è rimasta scolpita nella mia memoria.
Quel giorno trascorsi più di mezz’ora al telefono con Carmelo, in una delle tante telefonate che ci scambiavamo per coordinarci a distanza, io Presidente a Roma e lui Direttore Generale a Taranto, per condurre in modo condiviso la Fondazione.
Non fu una delle tante ma l’ultima telefonata, perché dopo pochi giorni mi giunse la brutta notizia che si era sentito male. Rifiutai da principio l’idea di irrimediabilità e mi attaccai per giorni, settimane alla illusione che tutto sarebbe tornato come prima; finché compresi, attraverso le notizie che mano a mano mi venivano date, che non ci sarebbe stato nulla da fare.
Carmelo Maggio. Uomo di mare, uomo di cultura, uomo di visione. Ma soprattutto, in particolare in questo contesto, l’uomo della Fondazione Michelagnoli, da lui fortemente voluta con entusiasmo e tenacia incredibili subito dopo essersi ritirato dal servizio attivo svolto in Marina. Tutto nacque da una sua felice intuizione, sicuramente collegata alla sua sensibilità di marinaio, sul vuoto che esisteva in campo nazionale riguardo ad enti che fossero alfieri di quell’anima marittima così intrinseca al nostro Paese, vista trasversalmente ai vari segmenti culturali, quindi sotto l’aspetto della storia, dell’arte, della religiosità, dello sviluppo sociale, della flora e fauna, della sicurezza, insomma di tutte le possibili discipline che da tale anima erano attraversate. Il 1989 è l’anno in cui la Fondazione, intitolata al nome di un grande uomo di mare della Marina Militare Italiana, iniziò ad operare ufficialmente e ad ottenere il consenso, il supporto, le adesioni e le collaborazioni di istituzioni ed organismi diversi; a riconoscimento della serietà di intenti e del rigore scientifico che caratterizzava il suo operato.
Più tardi, nel 1992, la Fondazione riceverà il giusto riconoscimento giuridico, a coronamento dell’impegno senza tregua di Carmelo Maggio. Da allora, fino alla sua scomparsa nell’Aprile del 2005, è stato il Direttore Generale della Fondazione, della quale mi onoro di essere il Presidente dal 1998, per cui posso ben testimoniare quanto grandi e determinanti siano stati il suo valore ed il suo merito nel consentire alla istituzione di diventare, come lo è oggi, punto di riferimento nazionale della cultura del mare intesa in senso interdisciplinare.
Il ricordo delle lunghe telefonate con lui, che si inserivano a viva forza nella mia pesante realtà di lavoro del periodo, ha il sapore della fuga dalla aridità quotidiana verso un mondo pieno di umanità e di cultura che ruotavano intorno al mare. Era difficile non farsi contagiare dalla sua passione, dal suo entusiasmo e ancora sento il dispiacere che provavo quando talvolta buttavo un po’ di cautela e di riflessione critica sul suo lanciare il cuore oltre l’ostacolo; ma nel momento stesso in cui lo facevo, e un po’ me ne mortificavo, lo stesso Carmelo mi ringraziava, da un lato risollevandomi e dall’altro dimostrandomi quanto fosse elevata la sua integrità intellettuale, che gli consentiva di accettare qualsiasi dialettica su quelle stesse idee che stava entusiasticamente propugnando, avendo come unico obiettivo il successo della Fondazione.
Le sue idee, i suoi progetti erano sempre audaci, alimentati da una inesauribile voglia di promuovere la cultura del mare, di quel mare che amava tanto e che aveva permeato la sua vita, sia durante il suo servizio in Marina sia dopo averlo lasciato. Questa sua voglia era rivolta in particolare verso i giovani, verso i quali le sue iniziative di divulgazione erano spesso dedicate, quasi a voler creare un ponte certo verso quel futuro che troppo presto si è interrotto per lui.
Non erano per niente trascurabili la sua sensibilità e la sua cultura artistica, che costituivano un supporto prezioso alle iniziative della Fondazione, contribuendo a rendere Carmelo un riferimento autorevole, piacevole e credibile a tutti i livelli istituzionali ed accademici e nobilitando le attività che la Fondazione intraprendeva sotto la sua sicura guida operativa.
Provo un grande rimpianto per il fatto che Carmelo non sia qui a dare il suo ineguagliabile contributo ad una pubblicazione che, ne sono sicuro, avrebbe amato particolarmente; in essa vengono accostati in una sintesi pressoché unica un antico ed umile mestiere di Taranto, la molluschicoltura, con una serie di finestre e di scorci su un variegato contesto culturale, storico e sociale, economico e letterario, biologico e scientifico, tradizionale ed evoluto. E non era proprio nel DNA di Carmelo la coesistenza tra ambizione ed umiltà, tra semplicità e cultura, tra sogno e pragmatismo?
Provo rimpianto, sì; ma provo anche una grande felicità nel vedere pubblicata questa opera. Essa significa che Carmelo è tuttora con noi, che siamo stati capaci di valorizzare quello che ci ha lasciato, che siamo riusciti a percorrere la strada che ci ha indicato; la “sua” Fondazione c’è, è viva e prosegue inesorabilmente ad esistere nel segno dei suoi orientamenti.