Le scogliere sommerse, o barriere artificiali, sono ormai utilizzate e diffuse in tutto il mondo. Il Giappone detiene il 90% del volume totale di esse, pari a 22.500.000 m3, gli Stati Uniti sono la seconda nazione con il 5%, pari a 1.250.000 m3, mentre l’Europa con il 2% detiene 500000 m3. Il Giappone Nel settore delle scogliere sommerse, il Giappone, oltre ad essere il maggior produttore e detentore, ha alle spalle una storia ultracentenaria.
Le più antiche scogliere sommerse di cui abbiamo notizia risalgono alla metà del XVII secolo, precisamente all’anno 1655. Tali strutture non erano altro che un insieme di rocce e pietre. Questa scogliera sommersa "primordiale" fu costruita nella baia di Urato, presso Kochi nell’isola di Shikoku. Lo scopo per cui fu costruita era quello di attrarre i pesci ed il risultato fu positivo. Dall’inizio degli anni ’80 tutte le cooperative di pesca costiera traggono vantaggio dalle scogliere sommerse. Si può stimare che un terzo delle cooperative hanno goduto di tali vantaggi sin dagli anni ’50, un terzo dagli anni ’60 e l’ultimo terzo durante gli anni ’70. Nell’anno 2000 si stima che il 12% di tutte le zone di pesca giapponesi saranno gestite mediante l’uso di scogliere sommerse. Ecco alcuni esempi di moduli utilizzati in Giappone: 1: modulo a capsula 2: modulo Kamaboko Chikuwa 3: modulo Kaiydoboku 4: modulo Okutagon Toyosuiken 5: modulo per la deposizione delle seppie e di altri cefalopodi 6: modulo galleggiante 7: modulo Obayashigumi (Associazione giapponese delle scogliere sommerse di grandi dimensioni). L’efficacia e quindi i risultati ottenuti in Giappone possono essere valutati secondo differenti criteri: Efficacia biologica: pur senza accettare le talvolta esagerate affermazioni di coloro i quali riconoscono validità assoluta e totale al sistema delle scogliere sommerse, gli specialisti in materia sono concordi nel sostenere che esse giochino un ruolo determinante nel ciclo di vita di molti organismi marini. Sin dagli anni ’50 i ricercatori giapponesi si sono preoccupati di effettuare studi in merito. In particolare il prof. Hiroshi Kakimoto ha studiato a lungo il comportamento dei pesci intorno alle scogliere sommerse, utilizzando metodi come la biotelemetria e gli ecoscandagli. Poiché il plancton tende a disporsi attorno ad un corpo immerso in relazione sia delle correnti marine che della forma e configurazione del corpo, si può comprendere quale sia l’influenza, dal punto di vista biologico, delle scogliere sommerse, soprattutto in zone prive di scogliere naturali. I banchi di pesce tendono a distribuirsi attorno alla scogliera, a seconda delle caratteristiche di ciascuna specie, nel seguente modo: pesci piatti e di roccia sul fondo, in prossimità delle basi dei moduli; pesci semipelagici e di fondo tra questo e i moduli stessi; pesci pelagici, su tutta la colonna d’acqua sovrastante. Attraverso studi effettuati mediante marcatura di diversi pesci (pagrus major o paralichthys olivaceus) e con l’uso della biotelemetria, si è compreso che questi pesci, posti su un gradino alto nella catena alimentare, si spostavano da una scogliera sommersa all’altra alla ricerca di cibo. Da ciò si può dedurre che una struttura ben impiantata e che ben si adatti all’ambiente diviene presto parte della catena alimentare, apportando nutrimento. Effetti sulla produzione: gli effetti che le scogliere sommerse inducono sulla produzione, e cioè sulla pesca, sono quindi diretta conseguenza degli effetti di natura biologica. Senza qui riportare cifre o dati statistici, circa i risultati cui sono pervenuti i numerosi sondaggi effettuati, si può affermare con ragionevole sicurezza che i pescatori giapponesi siano consapevoli e convinti che le scogliere sommerse giochino un ruolo molto importante per l’incremento della produzione.