Originario delle coste Atlantiche dell’America, il granchio blu, il cui nome scientifico è Callinectes sapidus, è una specie aliena invasiva per il Mar Mediterraneo che si è ampiamente diffusa soprattutto in Adriatico, dove ha trovato un habitat ideale tra gli ambienti lagunari. In misura minore, anche lo Ionio e il Tirreno, nel parco del Circeo, risentono di questa invasione.
Caratterizzato dalla spiccata colorazione blu e dalle lunghe chele, è diventato invasivo grazie alle condizioni ambientali che cambiamenti climatici e riscaldamento delle acque hanno reso favorevoli e idonee alla sua proliferazione.

Onnivoro, si ciba soprattutto di cozze, vongole, ostriche, crostacei, ma anche di piccoli pesci e alghe. Ha una elevata fecondità - le femmine di granchio blu depongono dai 2 agli 8 milioni di uova all'anno - e un lungo periodo riproduttivo. Aggressivo e altamente competitivo, ha prodotto danni agli ecosistemi e alla biodiversità, anche per l’impatto sulle specie algali di cui può nutrirsi, agli allevamenti ittici e alle attività produttive in generale. La sua voracità ha ridotto il novellame e la disponibilità di materie prime per lo sviluppo delle specie ittiche; ha fatto razzie di cozze e vongole, ha prodotto danni agli attrezzi di pesca, come reti e nasse.

I pescatori lo hanno pescato in maniera sempre più importante e commercializzato con successo per il gusto morbido, delicato e dolce della sua polpa. Non per nulla gli è stato attribuito il nome scientifico C. sapidus. D’altra parte, la soluzione più sostenuta per l’eradicazione di questa specie è proprio quella culinaria che sembrerebbe rappresentare una buona arma per contrastarne la proliferazione e limitarne i danni.
Così si sono moltiplicati gli appelli, anche attraverso ricette gastronomiche, per incentivare il consumo del granchio blu ed è stata creata perfino l'agenzia internazionale per la promozione congiunta della cozza nera e del granchio blu, con l'obiettivo di affermare i due prodotti congiunti nei menù dei ristoranti di tutti i Paesi del Mediterraneo. L’iniziativa rientra tra gli obiettivi del progetto “Best Tag-Blue Economy for the Sustainable Towns of Taranto And Gabes”, finanziato dalla Commissione Europea, con 4 milioni di euro, per stimolare la crescita comune della sostenibilità urbana attorno alla corretta gestione delle opportunità offerte dalla “blue economy” e dalla preservazione dell’ecosistema marittimo e costiero.


Tuttavia questo non basta a contenere la proliferazione e i danni causati dal granchio blu, la cui popolazione in questi ultimi anni è cresciuta in modo molto preoccupante. Recentemente, l’alta mortalità dei molluschi allevati nelle lagune venete e lungo la riviera adriatica ha costretto gli operatori ittici di Emilia-Romagna, Veneto e Toscana ad affrontare costi elevati per catturare e smaltire un numero incredibile di granchi blu per salvare le loro produzioni. Nelle lagune del Veneto nell’anno corrente 2023 sono state pescate fino ad oggi più di 450 tonnellate di granchi.
Per contenere il fenomeno della diffusione della specie e dei danni inferti all'economia del settore ittico, il “Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste” ha autorizzato la spesa di 2,9 milioni di euro a favore dei consorzi e delle imprese di acquacoltura che provvedono alla cattura ed allo smaltimento del granchio blu.
Nei mari di Taranto la molluschicoltura ha risentito poco dell’invasione del granchio blu, forse perché gli impianti di allevamento con i galleggianti impediscono al granchio di raggiungere facilmente la cozza. Per i molluschicoltori tarantini i danni provengono piuttosto dalle frequenti e lunghe ondate di calore e dalle tartarughe marine e orate che fanno razzie di cozze.
A risentire della presenza del granchio blu sono forse i cavallucci marini il cui numero sembra essere ora drasticamente diminuito, anche per la raccolta indiscriminata e illegale da parte dell’uomo. Il granchio blu testimonia la progressiva espansione del fenomeno delle specie aliene. Può darsi che dopo le iniziali conseguenze drammatiche per la pesca e la biodiversità, questa specie diventi una importante risorsa di pesca dei nostri mari.
Tuttavia, nell’osservare anche il declino contemporaneo di specie native del Mediterraneo, con minore affinità termica, non possiamo che concludere come le specie aliene costituiscano una minaccia per la biodiversità e per il funzionamento degli ecosistemi, con costi economici e impatti sulla vita del nostro mare.