l’enorme importanza della Posidonia per la salute del mare e dei litorali
La salute del mare e la salubrità del nostro ambiente marino si misurano anche con la presenza della Posidonia oceanica e delle sue praterie sottomarine.
Di notevole importanza ecologica le praterie di posidonia costituiscono un habitat prioritario e protetto, perchè a rischio di scomparsa, e un indicatore biologico della qualità delle acque marino-costiere, per la sua sensibilità a perturbazioni ambientali.
La Posidonia oceanica, erroneamente scambiata per alga, è una pianta marina endemica del Mar Mediterraneo, anzi una pianta acquatica superiore, cioè in grado di fiorire, come le piante terrestri, con radici, fusto (detto rizoma), foglie, fiori e frutti e colonizza i fondali marini formando i posidonieti, vaste praterie che occupano circa il 3% dell’intero Mediterraneo.
Il posidonieto rappresenta un ecosistema che ha raggiunto quel livello massimo di sviluppo e complessità, che gli ecologi chiamano comunità climax. Costituisce infatti rifugio e nursery per molte specie marine, ospitando più di 400 specie di alghe e migliaia di specie animali.




Un incredibile serbatoio di biodiversità del Mediterraneo.
Circa il 25% delle specie marine mediterranee e molti organismi vivono, si nascondono e trovano nutrimento e protezione tra le foglie della pianta che offre ripari e zone a ridotto idrodinamismo per la riproduzione e lo sviluppo larvale di diverse specie.




L’enorme importanza della posidonia per la salute del mare e dei litorali è anche rappresentata dalla produzione di ossigeno e biomassa, dal consolidamento e stabilizzazione dei fondali, dal contrasto all’erosione costiera e dall’intrappolamento dei sedimenti che favorisce la trasparenza delle acque. Attraverso la fotosintesi clorofilliana libera ossigeno e assorbe anidride carbonica, contribuendo a mitigare l’acidificazione degli oceani.
Questa capacità di rimuovere anidride carbonica (CO2) dall’atmosfera rende le praterie di Posidonia fondamentali per combattere i cambiamenti climatici.


Un metro quadrato di posidonieto produce 10-15 litri al giorno di ossigeno e assorbe più di 65 g di carbonio all'anno.
Le lunghe foglie nastriformi della posidonia, con il loro fluttuare nell’acqua, attenuano l’energia del moto ondoso e la complessa struttura della matte trattiene la sabbia e i sedimenti marini impedendone la dispersione e stabilizzando i fondali.
La formazione delle praterie di posidonia: le matte
La posidonia si sviluppa in generale su fondali sabbiosi in cui radici, rizomi e foglie si intrecciano formando strutture a terrazzo chiamate “matte”.

La matte è costituita dall’intreccio di più strati di rizomi e radici e dal sedimento intrappolato tra questi elementi.
I rizomi si sviluppano contemporaneamente in orizzontale e in verticale. I rizomi orizzontali ancorano la pianta al fondale tramite radici, mentre i rizomi verticali, crescendo in altezza, compensano il progressivo insabbiamento e determinano un innalzamento del fondo, che dà origine alla tipica formazione.
I rizomi verticali sviluppano i fasci fogliari la cui crescita, molto lenta, è di circa 1 cm all’anno.

Ruolo ecologico e protettivo della posidonia spiaggiata. Le banquette
Come per qualsiasi altra pianta terrestre, le foglie della posidonia seccano naturalmente e cadono dalla pianta. Trasportate dalle mareggiate, arrivano sulle spiagge formando accumuli che si sviluppano anche per centinaia di metri lungo il litorale arrivando a costituire vere e proprie difese naturali all’azione dei marosi. Questi accumuli perciò proteggono le spiagge dall’erosione e costituiscono una componente naturale del litorale, ma anche un ostacolo alla sua fruizione.
Le foglie morte che si accumulano lungo la riva in depositi stratificati vengono chiamati banquette e le fibre dei rizomi che si aggregano a formare “palle di mare” modellate dall’azione delle onde, chiamate egagropili.
Le banquette possono raggiungere uno spessore fino a 2,5 m, e offrono rifugio ad una ricca macrofauna (gasteropodi, crostacei, anellidi e insetti) e a specie detritivore.
La materia morta che si deposita costituisce un importante apporto di azoto e carbonio per le comunità vegetali vicino alla costa.



La posidonia quindi svolge un ruolo fondamentale anche da morta e l’importanza del ruolo ecologico e protettivo delle banquette è ormai ampiamente riconosciuta.
Tuttavia quando i resti di Posidonia si accumulano su spiagge di interesse balneare, questa importanza svanisce nel nulla.
I bagnanti li considerano un rifiuto, a volte maleodorante, quando con il caldo le foglie spiaggiate vanno in decomposizione, sprigionando dimetil solfuro responsabile del caratteristico odore acre e pungente.
La percezione di questi accumuli di posidonia spiaggiata da parte dei gestori delle spiagge e dei bagnanti è perciò negativa e la loro rimozione prima e durante la stagione balneare è una pratica diffusa, che rischia però di rimuovere, oltre ai resti di Posidonia, anche grandi quantità di sabbia dalla spiaggia, compromettendo l’integrità del suo ecosistema e favorendo l’erosione.
La spiaggia ecologica
La rimozione e lo smaltimento in discarica è un approccio ecologicamente scorretto ed economicamente svantaggioso. Occorre un cambiamento di mentalità e promuovere una diversa percezione della posidonia spiaggiata, da rifiuto a buon indicatore di qualità dell'acqua.
ISPRA, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, propone perciò di adottare il modello di spiaggia ecologica, (vedi qui la cartellonistica informativa) sostenendo che le spiagge compatibili con la Posidonia sono ben gestite e il turismo balneare è ecosostenibile. La spiaggia ecologica esclude la rimozione della posidonia spiaggiata e quindi il suo conferimento in discarica, perché la posidonia spiaggiata non viene in nessun caso mai assimilata ad un rifiuto.
La legge SALVAMARE, in merito alla gestione della posidonia spiaggiata, impone che le biomasse vegetali depositate naturalmente sul lido del mare e sull’arenile debbano essere gestite con le seguenti opzioni:
- mantenute in loco o trasportate a impianti di gestione dei rifiuti;
- riaffondate in mare (in siti determinati da Autorità competente);
- trasferite nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica, previa vagliatura per separare le biomasse dalla sabbia (da recuperare con ripascimento) e da rifiuti antropici (da trattare come rifiuti).
Il mantenimento in loco è la migliore soluzione dal punto di vista ecologico e pertanto deve essere perseguito nella maggior parte delle spiagge ed in particolare in quelle che si trovano in forte stato di regressione.
La spiaggia ecologica è il giusto approccio metodologico per una gestione ecosostenibile delle spiagge di posidonia e una pacifica convivenza tra protezione della spiaggia e attività turistiche.
Cause di regressione delle praterie
Negli ultimi 50 anni si registra un declino sensibile delle praterie. È stato stimato che le praterie di Posidonia oceanica hanno subito una regressione del 34% nel Mediterraneo e del 25% lungo le coste italiane.
Gli ancoraggi indiscriminati, la pesca a strascico, lo sviluppo costiero, l’accentuato inquinamento e la torbidità delle acque sono le cause principali.
Tuttavia oggi la minaccia crescente alla sopravvivenza della Posidonia è rappresentata dal cambiamento climatico.
L’ aumento della temperatura dell’acqua altera la distribuzione di posidonia, ne causa la frammentazione e attira nuove specie di alghe invasive che colonizzano le praterie indebolite.
L’aumento del livello del mare riduce la quantità di luce che raggiunge la Posidonia limitandone la fotosintesi.
Gli ecosistemi tendono in generale ad essere meno complessi, ad accumulare meno carbonio e ad offrire meno supporto alla biodiversità.
In una prateria di posidonia in buona salute la produttività fotosintetica e le fitte foglie portano a un rapido intrappolamento e stoccaggio del carbonio nei sedimenti. Finora perciò le praterie di posidonia sono stati serbatoio di CO2 nei nostri oceani, anche se emettono gas serra in quantità trascurabile.
Recenti studi sui cambiamenti climatici e il ruolo chiave delle praterie di posidonia - e degli ecosistemi forestali in generale- nei cicli biologici globali, hanno messo in evidenza come l’aumento delle temperature possa causare e accelerare un processo di inversione del ruolo, passando da serbatoi di assorbimento netto a un ridotto intrappolamento di CO2 e ad una ulteriore emissione di gas serra.
Se pure ancora sono necessarie ricerche approfondite, si stima che il degrado della prateria di posidonia e la sua frammentazione dovuta ai cambiamenti climatici, possa portare alla perdita del carbonio immagazzinato e al potenziale aumento della produzione di gas serra CH4 (metano) e N2O (protossido di azoto).
Per il recupero di praterie degradate perciò oggi si investe in ricerca e sperimentazione sui trapianti di Posidonia, nel tentativo di risolvere le problematiche legate alla forte regressione delle praterie in tutto il bacino del Mediterraneo.
Recentemente, ricercatori dell’università di Bari hanno sperimentato, presso le isole Tremiti, un nuovo metodo per ripiantare ciuffi di Posidonia strappati dalle ancore, utilizzando come substrato tappeti di fibre di cocco che ha dato buoni risultati.
La riforestazione marina è importante per rigenerare gli ecosistemi danneggiati, tutelare la biodiversità e contrastare i cambiamenti climatici.
