Ugo Grozio profeta del diritto naturale e della libertà dei mari
"Mare Libero" è un'espressione che, se usata in senso economico-giuridico, sintetizza il fondamentale principio della libertà di navigazione che è alla radice del mondo moderno, quale condizione irrinunciabile per l'ordinato sviluppo dei traffici commerciali.
Mare quod natura omnibus patet: il mare per sua natura è aperto a tutti, diceva Ulpiano, volendo significare che il mare è un bene di uso comune, non suscettibile di appropriazione.
E Mare liberum è appunto il titolo della dissertazione pubblicata nel 1609 dal giurista olandese Ugo Grozio con cui si sosteneva che "ciascuno è libero, per il diritto delle genti, di viaggiare sul mare in quei luoghi e presso quelle Nazioni che a lui piaccia". A distanza di quattrocento anni dalla sua elaborazione il pamphlet di Grozio, facente parte di un'opera più vasta intitolata De jure praedae commentarius, conserva ancora un carattere universale, al di là dell'occasione contingente che lo aveva generato. Grozio lo scrisse probabilmente per sostenere (da avvocato) la legittimità della cattura di una nave da carico portoghese operata dalla Compagnia delle indie olandesi.
Al tempo la Spagna (cui apparteneva anche la corona portoghese) era in conflitto con le Province Unite olandesi reclamando, tra l’altro, il diritto esclusivo di navigare nell’Oceano indiano sulla base della Bolla papale del 1493. titolo su cui si fondava il dominio delle isole e delle terre poste ad occidente di una linea immaginaria posta cento leghe ad ovest delle Azzorre e di Capo Verde. La tesi di fondo di Grozio è che "i Portoghesi non sono i padroni del mare delle Indie e del diritto di navigarvi, per diritto di occupazione" in quanto è "contrario alle leggi di natura che qualcuno sia padrone del mare e dell’uso del mare". La grandezza di Grozio, definito da Giambattista Vico "giurista del genere umano", sta nell’aver enunciato verità eterne ed inconfutabili.
Per Grozio la legge da applicare per decidere della questione se il vasto Oceano possa essere aperto ad una sola Nazione che ne interdica il commercio di tutte le altre "è eguale presso tutti i popoli, e si può capire senza fatica poiché è nata con gli uomini ed è impresa nel cuore di ciascuno di loro". Questa legge prevede che il mare sia comune a tutti perché è necessario a tutti è perché non può essere occupato. Esso è perciò ad un tempo res comunis per il diritto naturale e res nullius secondo il diritto pubblico "delle genti", non appartenendo a nessuno. Anche se opera di respiro universale, Mare Liberum va però inquadrata nella situazione politica del tempo.
Il 1609 è infatti un anno cruciale per le pretese delle Potenze marittime. In quest’anno le Province Unite (le cui ragioni difende Grozio) stipulano la Tregua di Anversa con la Spagna ottenendo il riconoscimento del diritto a navigare nei mari delle Indie portoghesi. Contemporaneamente la Gran Bretagna, ribaltando la politica liberistica in campo marittimo di Elisabetta I, emana il proclama con cui Giacomo I interdice ai pescatori stranieri – principalmente olandesi - l’attività nei Mari Britannici adiacenti le coste insulari. Il nuovo corso della politica marittima inglese sarà poi argomentato da John Selden con Mare Clausum seu Dominium Maris del 1635 considerata a tuttoggi come il manifesto di tesi opposte a quelle di Grozio.
E qualche anno dopo la Serenissima Repubblica di Venezia, per riaffermare la sua secolare pretesa al dominio dell’intero Adriatico denominato non a caso Golfo di Venezia, ne interdice l’accesso ad una flotta spagnola. L'Avvocato della Serenissima è Fra' Paolo Sarpi autore del celebre Dominio del Mare Adriatico del 1616 in cui si sostiene che "Venezia si è fatta padrona di tutto il Golfo [che] era serrato e limitato, posseduto e custodito con fatica e spese da tempo immemorabile" (situazione, questa, considerata da Grozio come potenzialmente legittima, essendo l'Adriatico un mare chiuso) .
L’eredità di Grozio travalica gli stretti limiti dell’astrazione giuridica per essere evocata ancor oggi nelle questioni di geopolitica del mare come la disputa sugli. spazi marittimi artici e sul transito nelle rotte polari apertesi per lo scioglimento dei ghiacci. Il principio della libertà dei mari, inteso come libertà di navigazione nell’alto mare che è “aperto a tutti gli Stati" si è consolidato nel corso dei secoli in via consuetudinaria ed è attualmente codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite del Diritto del mare del 1982. Corollario della libertà dei mari è la funzione attribuita dalla stessa Convenzione alle navi da guerra di qualsiasi bandiera di garantire il mantenimento dell’ordine e della sicurezza dei traffici marittimi commerciali. Al di fuori degli spazi di giurisdizione nazionale il mare è infatti attualmente, entro certi limiti, una res nullius come riteneva Grozio, sicchè la libertà assume spesso le forme dell’anarchia.
Traffici illeciti di varia natura insidiano la sicurezza delle vie di comunicazione. La minaccia principale è tuttora, proprio come ai tempi di Grozio, la pirateria che al largo della Somalia ha addirittura assunto una tale virulenza da richiedere la presenza di tutte le principali Marine del mondo e da indurre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a considerarla una "minaccia per la pace e la sicurezza internazionale" ai sensi e per gli effetti del Capo VII della Carta. Ruit Hora era il motto della famiglia di Grozio che ne testimoniava l’impegno civile a vivere responsabilmente per non incorrere nella condanna dei due giudici che, come si legge nell’introduzione del Mare Liberum, sono delegati dall'Altissimo a presiedere alla condotta degli uomini: "la coscienza, interiormente e la reputazione, esteriormente". Ruit Hora può ancora ispirare l’azione di tutte le persone e le istituzioni impegnate sul mare in una lotta contro il tempo per debellare le minacce che sempre più spesso attentano al suo uso libero e responsabile.
articolo di Fabio Caffio.
Ufficiale della Marina Militare, esperto di diritto del mare.
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