Il sorprendente rigoglio di biodiversità nei fondali del Canale Navigabile di Taranto ha meravigliato lo stesso Gianni Squitieri, talentuoso fotografo subacqueo che, insieme a Giovanni Fanelli e Fernando Rubino, esperti Ricercatori di CNR-IRSA, si è immerso nella profondità delle acque inesplorate del canale.
Inesplorate perché non facilmente accessibili, se non dietro opportuna autorizzazione.
L’idea di esplorarle nasce da un colloquio informale con l’Amm. Vitiello, attento promotore delle risorse e delle bellezze naturalistiche del nostro mare.

Il Canale Navigabile (lungo 375 m, largo 73 m e profondo 12 m), sovrastato dal Ponte Girevole, unisce il Mar Grande al Mar Piccolo di Taranto e la corrente che in esso si determina è anche influenzata dalle idrovore dell’ILVA in Mar Piccolo che, aspirando notevole quantità d’acqua, esercitano un effetto di richiamo delle acque dal Mar Grande.
“La corrente e l’assenza di impatti nella parte immersa del canale” dice Giovanni Fanelli, “ha favorito un’enorme biodiversità caratterizzata dalla diffusa presenza di organismi filtratori che si nutrono del particellato trasportato dalla corrente”.

L’obiettivo di Gianni Squitieri documenta come tutte le pareti del Canale Navigabile siano completamente ricoperte da una fitta comunità di organismi che si presenta con una esplosione di colori e forme differenti.
Le splendide immagini fanno facilmente apprezzare la varietà di forme e colori dovuta all’ incredibile mix di organismi differenti che hanno colonizzato le pareti rocciose: Poriferi (ovvero le spugne), Idroidi, Briozoi, Policheti, Molluschi, Ascidie, ecc.



Organismi a volte solitari ma più spesso coloniali, costituiti cioè da tante unità (zooidi) funzionalmente collegate tra loro. “Tutti a contendersi lo spazio nel quale ogni organismo cerca di ampliare l’area occupata con l’unico scopo di sopravvivere quanto basta per riprodursi e propagare nel tempo i propri geni”(Fanelli).
Le pareti del Canale Navigabile presentano numerosi individui di ostrica piatta (Ostrea edulis, che a Taranto era allevata fin dal tempo dei Romani) e di canestrello. Ancora più diffusi sono gli individui di Pinctada radiata, un’ostrica originaria dell’Oceano Indiano ma ormai radicata anche a Taranto.


Numerosissimi sono anche gli esemplari di Policheti Sabellidi, il cui ciuffo branchiale scompare al primo segno di pericolo. Tra questi il Branchiomma luctuosum, una specie originaria di altri mari ma che a Taranto è diventata dominante sulle pareti rocciose



Un altro gruppo molto comune nel benthos del Canale Navigabile è rappresentato dalle Ascidie, animali invertebrati presenti sia con specie solitarie che con specie coloniali, costituite da un sacchetto con due aperture per l’entrata e l’uscita dell’acqua le cui particelle organiche vengono trattenute dal “cestello branchiale”.
La convivenza di queste due specie è spesso problematica e l’ascidia solitaria può trovarsi ricoperta quasi del tutto da una colonia di un’altra specie di ascidie, come documentano le immagini di Squitieri, ove le singole “unità” della colonia sono marroni e bordati di giallo (Botryllus sp.)
Se l’ascidia solitaria non riuscirà a liberarsi della colonia, finirà con esserne completamente ricoperta.



Nel Canale sono moltissime le colonie di idroidi presenti e la cui forma è facilmente confondibile con un “cespuglio” di alghe. Gli idroidi sono animali coloniali dalle forme quanto mai varie e dotati di cellule urticanti. Nonostante la loro pericolosità, alcuni Molluschi Nudibranchi riescono a nutrirsi degli idroidi e a trasferire le cellule urticanti nelle loro appendici, diventando urticanti a loro volta. E questa loro pericolosità è ben manifestata dai loro colori sgargianti che allarmano i potenziali predatori.




Ma non è solo la ricca comunità bentonica a sorprendere il subacqueo che si immerga sotto il Castello. È possibile infatti incontrare la regina delle scogliere, la cernia bruna, e anche lo scorfano, perfettamente mimetizzato in mezzo ad alghe e colonie di idroidi ondeggianti, e la bavosa pavone, un pesce di piccola taglia sempre alla ricerca di buchi nella roccia o conchiglie di molluschi vuote per nascondersi, lasciando esposta la sua testolina “cornuta” ad osservare l’ambiente in modo vigile e curioso.



La Mostra al Castello Aragonese coglie efficacemente l’obiettivo di presentare un patrimonio visivo unico e dare risalto alla sorprendente biodiversità del nostro mare anche lì dove meno te lo aspetti.
Dal talento di Gianni Squitieri, orientato sempre più verso la fotografia d’interesse biologico, emerge la bellezza del mondo marino.
La collaborazione con Giovanni Fanelli e Fernando Rubino, che hanno curato con competenza scientifica le schede didascaliche, ci restituisce una mostra, corredata di splendide immagini, che è anche una utile, piacevole ed efficace lezione di biologia marina.
Gianni Squitieri ha deciso con grande generosità di donare la sua collezione alla Marina Militare di Taranto che la esporrà nelle sale del Castello. La Mostra avrà pertanto carattere permanente e darà ai visitatori la possibilità di apprezzare il patrimonio archeologico del Castello e conoscere anche il patrimonio ambientale sottomarino che le sue acque racchiudono.