di Ferruccio Benucci
Il mare è vita: l'uomo lo sa da sempre. Solo oggi però sa anche che questa vita è in pericolo; per la prima volta l'uomo sa che il mare non è eterno ed immutabile ma fragile e vulnerabile: appare come un gigante potentissimo che, però, i piccoli uomini possono colpire, ferire, forse domani uccidere, per le loro ambizioni, per strappargli, fino all'ultima possibilità, le ricchezze. L'uomo ha considerato il mare vita come vita sono le strade che collegano luoghi vitali; non altro che una via dunque e non esso stesso fonte di progresso e ricchezza.
La civiltà e il progresso hanno "camminato" solo in piccola parte, essi soprattutto hanno "navigato" e solo la consapevolezza di poter percorrere le grandi distanze marine ha permesso all'uomo di disporre del pianeta dividendo le ricchezze di ogni singola parte di esso a vantaggio di tutte le sue parti. Le grandi scoperte geografiche ed il contemporaneo progresso scientifico hanno permesso il progresso dell'uomo attraverso la conoscenza ed il possesso dei mari; le Marine da guerra nascono come baluardo e braccio di ogni interesse nazionale divenendo in breve tempo depositarie esse stesse, per la necessità continua di primeggiare, del progresso delle scienze.
Le Marine sono la frontiera marittima delle nazioni. Un esempio: nel 482 AC la scoperta delle favolose miniere d'argento di Maronea rende ogni ateniese tanto ricco da non poter spendere le proprie ricchezze; ma non può neppure trasferirle perché minacciate sul mare dai pirati. Ed è allora che Temistocle convince i suoi concittadini a convertire una parte di quelle ricchezze in una flotta che consentirà, debellando i pirati, il moltiplicarsi delle ricchezze stesse. La Marina Britannica, la "madre di tutte le Marina", è l'esempio più alto di una flotta che, poiché il mare è vita, contribuisce, dominando i mari, al cammino dell'uomo. Quanto deve la nostra civiltà al Capitano Cook ed a quelli come lui?
La Marina Italiana nasce nel 1861; è quindi la più giovane delle Marine significative e solo tardi, quindi, ha unito il proprio contributo alla lotta delle Marine più grandi per il progresso e per l'avvicinamento tra i popoli del pianeta. E' solo degli ultimi decenni la consapevolezza della minaccia portata dall'uomo all'ambiente marino e la assunzione conseguente di una coscienza ambientale seria e lungimirante; prima di ciò la Marina Italiana, non temendosi minacce dal mare, ha contribuito al progresso umano e scientifico usando il mare come grande strada di avanzamento e conoscenza. L'Italia è appena nata e ben pochi nel mondo ne conoscono la bandiera tricolore e già le Navi della Sua Marina percorrono i grandi Oceani per far conoscere quella bandiera e per riportare in Patria progresso e conoscenza. Una pagina straordinaria di civiltà quella scritta dalla giovanissima Marina. Nata nel '61 la Marina Italiana è, nel '66, a Lissa contro la flotta austro-ungarica ma già le Sue navi sono nei mari del mondo; nel 1867 la pirocorvetta a ruote Guiscardo, 1.400 ton., opera nel Rio della Plata e risale, per osservazioni e ricerche, il fiume Paraguay.
Solo pochi anni più tardi la pirofregata a ruote Archimede, 1.500 ton., risale il fiume Paranà e poi, doppiato Magellano, tocca le coste del Cile e del Perù raggiungendo Panama; sarà disarmata a Valparaiso. Il Governolo, pirofregata di 2000 ton., nel 1873 circumnaviga le isole del Giappone e nel '77, nell'Atlantico, raggiunge per osservazioni e ricerche le isole Falklands e la Terra del Fuoco. Nel 1868 la pirocorvetta ad elica Magenta, 2.500 ton., completa la circumnavigazione del globo attraverso Magellano e il Capo di Buona Speranza; il Suo Comandante, Vittorio Arminjon, Capitano di Fregata, firma trattati di alleanza commerciale e di amicizia con la Cina ed il Giappone mentre il Professore Giglioli, naturalista e studioso di fama, esegue approfondite osservazioni, studi e ricerche. E quante altre navi ancora percorrono i mari più lontani, le strade del mondo, per riportare in Patria progresso e conoscenza e per mostrare la nostra esistenza e la nostra civiltà: Etna, Caracciolo, Vettor Pisani sono soltanto tre di quelle tante navi. Il Vettor Pisani, una pirocorvetta a ruote di 2.000 ton., compie quattro volte il giro del mondo toccando oltre 200 porti, risale per la prima volta lo Yang-Tse-Kiang, il grande fiume cinese e raccoglie in ogni mare ampia messe di zoologia marina secondo istruzioni precise e ad opera di un ufficiale addetto solo alla ricerca scientifica, il TV Cherchia.
E quante altre imprese per il progresso e la scienza. Quelle del Duca degli Abruzzi con il Suo fedelissimo Umberto Cagni, che sarà Ammiraglio e l'appoggio determinante alle spedizioni artiche con dirigibili del Generale Nobile e la partecipazione anch'essa piena e determinante alle sperimentazioni di Guglielmo Marconi e negli ultimi anni, la partecipazione piena, viva, importante della Marina alle campagne di ricerca scientifica in Antartide. Fin dal Suo nascere la Marina Italiana comprende perfettamente che il mare è la vita e ovunque e comunque incoraggia progresso, scienza, commerci e nei grandi mari lontani e nel nostro Mediterraneo e non appena, con gli altri, si rende conto delle mille insidie che minacciano questo mare, concorre con generoso entusiasmo ad ogni battaglia in Sua difesa.
Quali le armi della Marina per la battaglia per la ricerca e la scienza e quali le azioni che Essa ha svolto, svolge, svolgerà? Il momento più alto di sintesi nella missione di ricerca e progresso è certamente l'Istituto Idrografico della Marina che dal 1872 attende al Servizio idrografico dello Stato. Sua missione è quella di eseguire il rilievo sistematico dei mari italiani la cui superficie è di 550.000 Kmq., di produrre la documentazione nautica ufficiale e di diffondere in campo nazionale ed internazionale l'informazione nautica allo scopo di garantire la sicurezza della navigazione e concorrere alla salvaguardia della vita in mare. La Sua attività fondamentale è la produzione delle carte e delle pubblicazioni per la navigazione; la Sua opera si estende al campo oceanografico con la produzione di una cartografia dei fondali marini e lo studio della dinamica delle acque e delle loro caratteristiche idrologiche.
L'Istituto rappresenta l'Italia nella Organizzazione Idrografica Internazionale che comprende 59 Nazioni con il compito di coordinare la attività dei servizi nazionali e la standardizzazione dei documenti nautici e di promuovere la cooperazione internazionale per il progresso delle tecniche dei rilievi idro-oceanografici; la produzione è di circa 130.000 copie di carte nautiche all'anno e di 70.000 copie di pubblicazioni varie. Vi si costruiscono, progettandoli, prototipi di strumenti nautici, meteorologici e talassografici, poi prodotti in serie da ditte private; vi si collaudano gli strumenti in dotazione alle navi militari ed a quelle mercantili. Particolare attenzione ed ogni sforzo sono dedicati al progresso delle scienze che attengono al mare; vi si svolgono meetings, convegni, seminari, corsi di specializzazione e aggiornamento che richiamano studiosi e tecnici di ogni branca delle scienze marine sia italiani che stranieri; si tratta di un vero santuario scientifico ed operativo per ogni studio o ricerca sul mare: la Sua biblioteca, molto frequentata, accoglie 35.000 volumi.
L'Istituto dispone di una flotta idrografica su tre unità: l'Ammiraglio Magnaghi, il Mirto e il Pioppo. Negli ultimi anni ha ospitato per corsi di qualificazione e poi di aggiornamento numerosi ufficiali e tecnici di Marine di Paesi in via di sviluppo. In definitiva l'Istituto Idrografico contribuisce largamente al prestigio di cui gode la Marina Militare Italiana. Altro settore di grande impegno per la Marina al fine della difesa in mare è quello egregiamente gestito dal 1865, anno di sua fondazione, del Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera il cui Comando Generale ha dipendenza organica dal Ministero della Difesa e dipendenza operativa dallo stesso Dicastero e da quello della Marina Mercantile e dei Trasporti. Settore delicatissimo in cui progressivamente aumentano gli impegni e quindi gli sforzi per fronteggiarli; quello della tutela dell'ambiente marino è un compito nuovo e di importanza sempre crescente che è venuto a sommarsi a quelli istituzionali per il Corpo: i compiti tecnici e di polizia marittima (comando e amministrazione dei porti, controllo della sicurezza della navigazione, soccorso in mare, polizia sul mare e sulla fascia costiera), la gestione del demanio marittimo, l'organizzazione del personale navigante ed il rilascio dei titoli relativi, la tenuta dei registri di proprietà navale, il concorso alla difesa marittima della Nazione con la difesa dei porti e dei loro traffici, la polizia militare e l'assolvimento dei servizi di leva e mobilitazione ed infine le funzioni discendenti da impegni internazionali (recentemente l'embargo marittimo verso la ex Jugoslavia e le operazioni di polizia in Albania).
La Guardia Costiera ha intrapreso con slancio e grande responsabilità i nuovi compiti per la tutela dell'ambiente marino. Un'azione capillare quella dei mezzi della Guardia stessa che in tutta la fascia costiera nazionale vigilano sull'osservanza delle norme, svolgono opera di monitoraggio per l'individuazione degli scarichi abusivi e di denuncia e repressione di ogni attività illegale. Solo di recente si è conclusa l'operazione Astraea per l'individuazione dei processi di degrado ed inquinamento marino in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente e l'Università di Tor Vergata; una unità della Guardia Costiera ha svolto approfondite operazioni per l'analisi specifica dello stato del mare attraverso la campionatura della Posidonia oceanica e degli altri organismi che vivono sui fondali. Un decimo circa delle ore di moto delle unità della Guardia Costiera è stato dedicato tra il gennaio e l'agosto del 1994 ad operazioni per la tutela dell'ambiente e se si considerano i compiti istituzionali di ordine prioritario del Corpo ed il genere specifico di tali compiti - basti pensare all'impegno in ore di moto per le operazioni navali di embargo in Adriatico - non si può non considerare come alta e sentita l'opera del Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera per la vita del mare.
Mezzo fondamentale per la tutela dell'ambiente marino è stata indubbiamente la "Legge per la Difesa del Mare" n. 979 del 31 dicembre 1982 che disciplina il servizio di vigilanza e protezione sulle attività marittime. Da questa Legge sono "nate" quattro unità navali di nuovo tipo e, soprattutto, studiate per una nuova concezione di impiego: i Pattugliatori d'altura, gli Off-shore Patrol Vessels italiani che, dall'entrata in servizio ad oggi, hanno conseguito grandi risultati ed acquisito alti meriti. Le caratteristiche operative di queste unità sono state definite sulla base di tre aree di missione: ricerca e soccorso, sorveglianza e pattugliamento, salvaguardia dell'ambiente marino e lotta all'inquinamento. Le quattro unità, Cassiopea, Libra, Spica, Vega, di 1.475 ton. a pieno carico, costruite tra il 1987 ed il 1990 nei cantieri del Muggiano, sono quanto di più avanzato sia oggi operativo nel settore.
Con un equipaggio di 70 uomini ed una autonomia di 30 giorni, con una attrezzatura elettronica e tecnica di grande rilievo queste unità assolvono compiti fondamentali per la protezione civile e la tutela dell'ambiente, quali: * la sorveglianza delle Zone Economiche Esclusive nazionali; * la prevenzione e la dissuasione dall'inquinamento; * l'avvistamento e l'intervento su zone inquinate con barriere galleggianti (la tempestività d'intervento e la delimitazione delle zone inquinate riduce drasticamente i danni possibili); * la rimozione degli oli minerali dispersi in mare mediante speciali aspiratori galleggianti; * lo spargimento di liquidi disperdenti attraverso appositi bracci mobili dotati di ugelli.
La Marina dunque è sempre impegnata con tutte le sue forze aeree e navali sulle nuove frontiere della difesa del mare e dell'ambiente; non si dimentichi infatti l'apporto spesso decisivo della componente aerea della Marina nelle operazioni di lotta ecologica e ambientale, dalle azioni anti incendi boschivi alla ricerca delle fonti di inquinamento, al trasporto di uomini e materiali per qualsiasi operazione nel campo specifico. E' una missione, quella della tutela dell'ambiente, che la Marina svolge non solo per senso di responsabilità ma anche e soprattutto perché essa, in ogni Suo uomo, sente questa missione come una grande scelta di civiltà e un sicuro contributo all'affermazione del diritto ed alla tutela della vita della nostra collettività.
Il Consiglio d'Europa ha dichiarato il 1995, Anno Europeo della Conservazione della Natura, iniziativa volta a sensibilizzare l'opinione pubblica dei 42 Paesi aderenti al problema certamente serio, in qualche caso drammatico, della protezione ambientale. Le Forze Armate Italiane hanno dato all'iniziativa la loro più grande disponibilità e, come primo passo, hanno deciso di porre sotto tutela ambientale le aree sottoposte a servitù militari. La Marina ha inoltre preso altre importanti iniziative e si è associata ad iniziative altrui per rendere la difesa dell'ambiente sempre più credibile ed efficace.
Ricordiamo qualcuna delle azioni della Marina. La campagna ecologica di Nave Vespucci "Il mare deve vivere" con una mostra itinerante visitata in molti porti italiani da decine di migliaia di cittadini, soprattutto giovani; le successive campagne di sensibilizzazione ambientale della Nave Scuola Palinuro e di unità a vela minori; il supporto decisivo dato ai ricercatori per lo studio dell'ecosistema delle isole Eolie; la partecipazione massiccia di volontari M.M. alla pulizia ecologica dell'isola di Caprera; lo studio sulla distribuzione della Posidonia nelle aree litorali; il lavoro oscuro quanto delicato e pericoloso dei nuclei Sdai per la bonifica di spiagge e fondali da ordigni esplosivi; gli interventi generosi quanto pronti ed efficaci per i disastri delle navi cisterna Haven e Abruzzo Agip. Ultima fondamentale iniziativa l'adesione al Marpol (Maritime Pollution), convenzione internazionale per la prevenzione dall'inquinamento causato da navi, malgrado che la stessa convenzione, obbligatoria per le Flotte mercantili, severa e ferma nelle sue regole, non si applichi alle unità militari.
La Marina Italiana, e con essa anche altre Marine della Nato, ha deciso di aderire pur conscia delle serie difficoltà che deriveranno dall'adesione stessa per la necessità di effettuare radicali interventi su unità già in linea e ciò, per di più, in momenti assai difficili per le sopraggiunte restrizioni di bilancio. Il problema è stato affrontato oltreché, come detto, prevedendo interventi sul naviglio esistente programmando l'adeguamento in fase di progettazione alle direttive Marpol delle unità di futura progettazione e costruzione. La Marina in definitiva, e a conclusione, è ben conscia che il mare debba vivere e che si tratti di una battaglia, per conservare questa vita, lunga, paziente, meticolosa, dura, costosa ma ha fermo l'intendimento di contribuire al buon esito di questa battaglia di civiltà con ogni suo mezzo, ogni sua possibilità di pensiero e di azioni, ogni Sua energia. Il Mare deve vivere era scritto sul ponte del Vespucci nel lontano 1979; il Mare deve vivere dice oggi con fermezza la Marina Militare Italiana.