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Nave Vittorio Veneto “Bene culturale”

Nave Vittorio Veneto “Bene culturale”

Cosa è bene culturale

La nave Vittorio Veneto ha da poco compiuto i suoi primi cinquant’anni. Fu varata il 5 febbraio del 1967. E’ dunque “bene culturale” e si avvia a vivere il 100mo anniversario della vittoria del 4 novembre 1918, fine della Grande Guerra. Il centenario della vittoria nel 2018 è ora una buona occasione che si offre alla Nave per risorgere. 

È bene culturale ogni testimonianza materiale avente valore di civiltà 

 

Il rispetto e la necessità morale di conservare i dati sensibili della storia sono in realtà elementi intervenuti recentemente nella coscienza collettiva, e dunque nella legislazione degli stati più avanzati socialmente e più sensibili a cogliere gli elementi e le pulsioni dei popoli. Il bisogno di “salvare la storia” cominciò ad essere avvertito sin dalla fine del ‘700 e la ricerca del passato, la frequentazione dello stesso, l’esigenza di appropriarsene e tutelarlo divenne una forte richiesta delle classi dirigenti europee acculturate, come tra l’altro può dimostrare l’imponente fenomeno del Grand Tour. Una esigenza e una moda tanto ossessivamente praticate al punto che ironicamente il buon Diderot non ebbe perplessità nel coniare un suo celebre paradosso: beati gli antichi che non avevano antichità.

La necessità da cui scaturisce il bisogno di identificare e definire i beni culturali nasce però in realtà dal sentimento romantico, secondo il quale ogni uomo è diverso da un altro per il modo di pensare e di sentire, e dunque i momenti e le cose della storia che testimoniano tali varietà, ricchezza e diversità sono tutti importanti. L’evoluzione del concetto di bene culturale dunque, non può che essere costante e può essere ben ricostruita solo attraverso l’analisi delle normative, che testimoniano la difficoltà di aggiornare la legislazione, vista appunto la rapida evoluzione della sensibilità nei confronti della conservazione del comune patrimonio storico-artistico.

La legge n. 1089 del 1939 definiva beni di interesse pubblico “le cose d’antichità e d’arte”. Concetto allora davvero ricco di positive novità, ma poi resosi assolutamente insufficiente. Quelle leggi rispecchiavano ovviamente la cultura che le generò: il legislatore pensava a ciò che poi si sarebbe chiamato “Beni Culturali” come ad un insieme di “cose” esteticamente belle, sia artistiche che paesaggistiche, da tutelare con vincoli idonei a preservarle dall’incuria umana e dai guasti del tempo.

Ma la cultura italiana nel dopoguerra, anche grazie al superamento dell’ipoteca crociana, ha elaborato nuove idee in materia, e queste hanno spinto il Legislatore ad intervenire a più riprese, mediante Commissioni e proposte di legge per modificare la filosofia di fondo delle Leggi del 1939.

Dal gennaio 2000 è in vigore il “Testo unico dei beni culturali e naturali” che recepisce, e non poteva non essere, sia pure in forte ritardo, il dettato costituzionale che all’art. 9, infatti, recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della nazione”.

Il testo unico del 2000 stabilisce che sono beni culturali:

  1. le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o demo-etno-antropologico;
  2. le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, rivestono un interesse particolarmente importante.

E la Commissione Franceschini, per prima, adottò in Italia la dizione “Bene Culturale”, dando al termine il significato di “Tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di civiltà”.
 E negli ultimi anni hanno fatto ingresso altri nuovi importantissimi “soggetti”, prima quasi ignorati: insomma, il concetto di bene culturale è in costante evoluzione.

Forse la migliore definizione (decisamente rispondente alle nostre finalità), se pur limitata, è nell’interpretazione di bene come cosa, come testimonianza materiale, ribadita dalla Commissione Franceschini: È bene culturale ogni testimonianza materiale avente valore di civiltà

È una definizione abbastanza ampia da permetterci di includere qualsiasi documento fisico che ci riconduca ad una civiltà o ad una cultura. Ma allora ogni cosa è Bene Culturale? Ogni cosa testimonia una civiltà?A questo punto della riflessione entra in gioco il concetto di Unicità del Bene: esso deve essere portatore di qualcosa (una tecnica, un’idea… una storia, la storia di un luogo) che non sia più riproducibile e che sia manifestazione di una cultura non più ripetibile.

Perché il Vittorio Veneto è un bene culturale

I manufatti storico-artistici si sarebbero potuti definire “oggetti” culturali, “cose” culturali ecc. ma “Bene” è un termine diverso, più incisivo e rimanda a campi semantici e social diversi: quello della tutela e quello dell’economia. All’interno della parola è presente sia l’idea di conservazione (esso va preservato per i posteri, di qualunque natura esso sia) che l’idea di ricchezzaUn Bene è qualcosa che ha capacità economiche intrinseche, che possono essere messe a frutto.

Per il Vittorio Veneto, per la sua qualificazione di bene, può valere moltissimo il concetto esposto: una nave è sintesi di molteplici arti umane, legata ad una terra di mare, ad una città di marinai, di militari del mare, una città che, nonostante una grande storia antica e contemporanea sul mare, fatica ad individuare un bene simbolo concreto della sua storica vocazione di dipendenza dal mare appunto e dalle sue navi. Un bene da consegnare alle nuove generazioni cittadine e da queste collocato come richiamo e testimonianza per i tanti giovani italiani passati in questa città perché impegnati in marina e sulle navi.

A Taranto oltre l’industria metal-meccanica e siderurgica ci sarebbe dell’altro su cui pensare al futuro e di cui finora non sapevamo collettivamente cosa fare; si tratterebbe di far uso della nostra storia, e del mare, compreso il simbolo galleggiante di una grande nave che si onora di un nome come pochi echeggianti i grandi fatti della patria unita.

Per poter dare forza ad un oggettivo risveglio di “curiosità” verso quel passato, bisogna assolutamente suscitare un’indotta rimembranza della storia di questo luogo del mondo. Occorre europeizzare la città tutta attraverso i suoi beni che certo rispondono allo spirito della legge e della tutela. Tra questi anche una nave, in mar piccolo con i luoghi che ne fanno quinta internazionale: un importante museo della navigazione.

Il Vittorio Veneto a mar piccolo, un bene unico in compagnia di altri beni, mar piccolo che ancora si fa carico di una storia che va dai Micenei ad Annibale, a S. Pietro, ai Bizantini, a tutte le vicende d’Italia e del Sud, fino agli aereo-siluranti inglesi, un’icona di qualità che mostra manufatti di arte, archeologia, basiliche e chiese millenarie e che ancora si apprezza a livello mondiale per quel Galeso cantato dai romani più del Tevere.

 

Il Vittorio Veneto può oggi interagire culturalmente e turisticamente con altri miracolosi beni di cui ci siamo forniti e che ospitano la memoria in forma “concreta”, come mai nel passato: il Martà, i Convegni internazionali sulla Magna Grecia, il Museo diocesano, l’Episcopio, i luoghi dell’Università, il Castello (monumento più visitato di Puglia). E anche i segni autorevoli della recente colonizzazione, come i grandi opifici dell’Arsenale ed altre opere militari in dismissione.

La valorizzazione di un passato specialissimo quale il nostro può essere oggi l’unico invito turistico ricevibile e sostenibile.  

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